IL VALORE IN DOGANA
Un aspetto cruciale da non sottovalutare!
“Quale valore dichiaro in dogana? Prendi pure il totale della fattura, usa un importo CIF, riduci il prezzo, diciamo che il prodotto è difettoso. Lo sconto? Intanto mettilo, poi non so, chiediamo al fornitore se ce lo riconosce” Chi di voi non è mai stato tentato, nemmeno una volta, di semplificare in questo modo il valore da dichiarare in un’importazione? Ma siamo proprio sicuri che sia davvero la strada giusta? Vediamolo insieme.
Il valore in dogana è un elemento dell’accertamento, assieme a quantità, classificazione ed origine, di fondamentale importanza. Rappresenta, infatti, la base imponibile per il calcolo dei dazi ad valorem previsti dalla tariffa doganale comune, il punto di partenza per la liquidazione dell’IVA, nonché un dato delle statistiche sul commercio estero. La sua definizione nella normativa europea, in linea con quella internazionale, sovraordinata, dell’articolo VII GATT 1994, lo identifica con il valore di transazione, vale a dire il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando sono vendute – attenzione, la parola “vendute” è importante – per l’esportazione verso l’UE. Questo valore è suscettibile di adeguamenti, vale a dire di aggiunte o di detrazioni, secondo una sorta di “check list” tassativa, prevista dal codice doganale dell’UE, che non lascia spazio alla creatività.
Cosa includere ed escludere? Oltre la fattura, più del semplice “cost, insurance & freight”
Concorrono, infatti, a formare il valore in dogana, se non sono già compresi nel prezzo, anche le commissioni (ma non di acquisto) e le spese di mediazione, il costo dei container, se formano un tutt’uno con la merce che stai importando, e dell’imballaggio, inteso sia come manodopera che materiali.
Non solo, vanno addizionati anche il costo di determinati beni e servizi forniti al venditore, senza spese o a costo ridotto, per la fabbricazione delle merci. Alcuni casi pratici? Potresti acquistare uno stampo in Corea del Sud ed inviarlo al tuo fornitore cinese per la produzione di oggetti in plastica destinati al nostro paese. Oppure potresti sviluppare negli Stati Uniti schizzi e modelli per una nuova linea di abiti, da realizzare in India ed importare in UE.
Da non dimenticare, inoltre, le royalties, frequenti nello scambio di beni tutelati dalla proprietà intellettuale. Si tratta di diritti di licenza, relativi alle merci da valutare, da corrispondere al venditore (o ad un terzo collegato) per realizzare l’acquisto. Ad esempio, importi calzature con un brand famoso e, per poterlo usare, paghi una somma al venditore? Oppure produci dispositivi per veicoli importando dei componenti e utilizzando una tecnologia brevettata che il tuo fornitore ti mette a disposizione solo dietro pagamento di una licenza?
Per quanto riguarda le esclusioni, invece, no all’inserimento nel valore in dogana di tutti quei costi successivi all’introduzione delle merci nell’UE. Pensiamo, ad esempio, alle spese di trasporto e handling sostenute dopo l’ingresso nell’Unione, a quelle legate a lavori di installazione posteriori all’immissione in libera pratica o ai dazi, solo per citare alcuni esempi.
Riduzioni per merci difettose e sconti? Sì, ma solo a certe condizioni
La normativa permette, infatti, di considerare i vizi della merce da valutare, ed aggiustare di conseguenza il prezzo, solo se puoi dimostrare che i difetti erano presenti prima dell’importazione e se in capo al tuo fornitore esiste un obbligo, contrattuale o legale, di garanzia. Niente riduzioni, quindi, per vizi della merce sorti dopo l’importazione e non disciplinati dal contratto, così come nessun aggiustamento in negativo del valore in dogana se lo sconto deriva da accordi con il tuo fornitore successivi allo sdoganamento.
Sottovalutazione: quali conseguenze?
La normativa internazionale e quella UE affermano che le autorità doganali, in caso di fondati dubbi circa l’attendibilità del valore che stai dichiarando (o hai già dichiarato), possono chiederti informazioni supplementari. A livello nazionale, la nuova legge doganale italiana, di recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (D. Lgs 141/2024 – G.U. n. 232 del 3/10/2024), prevede importanti sanzioni pecuniarie (da 5.000€ a 10.000€) in caso di inottemperanza, senza contare la facoltà delle autorità di rideterminare il valore in dogana, se le argomentazioni che hai fornito non sono abbastanza forti. Ultimo, ma non meno importante, la sottovalutazione è classificata come dichiarazione infedele, fattispecie punita con una sanzione dal 100% al 200% dei diritti di confine dovuti (i.e. dazi ed IVA) e penalmente rilevante se l’ammontare dei diritti di confine non versati supera i 10.000€, con conseguente immediato inoltro della notizia di reato alla Procura europea EPPO.